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Immagine del redattorePsicologa Francesca Bordone

La mente relazionale

Aggiornamento: 13 nov 2021



L’evoluzione ha dotato l’essere umano di un insieme di sistemi mentali universali che lo spingono al raggiungimento di determinate mete definite biologicamente per garantire la sopravvivenza della specie. Mete come alimentazione, difesa, riproduzione, attaccamento, accudimento, cooperazione, costruzione di significati, ecc.

Questi sistemi si chiamano sistemi motivazionali, ovvero tendenze, propensioni innate ad agire e a comportarsi in modo da garantire l’adattamento all’ambiente. Sono innati, quindi presenti fin dalla nascita, ma il loro funzionamento può essere influenzato dall’apprendimento e dalle esperienze di vita.

I sistemi motivazionali sono attivati da specifici stimoli interni o ambientali e si disattivano quando la meta viene raggiunta.

Durante l’infanzia il sistema motivazionale maggiormente attivo è il sistema di attaccamento.

Lo stimolo ambientale che lo attiva è una condizione di pericolo, vulnerabilità, disagio, stanchezza, malessere fisico o psichico. La meta da raggiungere è la vicinanza emotiva e fisica con un adulto della propria specie, una figura di riferimento che possa offrire protezione, cura e conforto.

L’attivazione del sistema di attaccamento è accompagnata da emozioni di paura, rabbia (da separazione), tristezza e disperazione. Il raggiungimento della meta invece comporta l’emergere di emozioni di gioia, conforto, fiducia e sicurezza.

Per raggiungere la meta il bambino metterà in atto tutta una serie di comportamenti, definiti comportamenti di attaccamento, volti a raggiungere il suo obiettivo: il richiamo, il pianto, la ricerca attiva della vicinanza fisica, e così via.

Questi segnali fungono da attivatori del sistema motivazionale di accudimento nell’adulto che ha come meta biologica il fornire protezione, cura e sicurezza alla prole indifesa. I comportamenti di accudimento volti al raggiungimento della metà comprendono il richiamo, la consolazione attraverso il contatto fisico, la modulazione del tono della voce e delle espressioni facciali, il mantenimento della vicinanza.

Cosa succede se il bambino non riesce a raggiungere la meta e ottenere la vicinanza di cui ha bisogno?

Il sistema di attaccamento non può disattivarsi e le emozioni di paura e tristezza si protraggono. Il bambino quindi deve trovare un modo per riuscire a regolare il suo stato emotivo.

Le principali strategie conseguenti al mancato raggiungimento della vicinanza protettiva in condizioni di vulnerabilità sono due:

  • Il bambino amplifica i suoi segnali emotivi, ovvero aumenta l’intensità dell’emozione espressa nel tentativo di stimolare e ottenere la risposta di accudimento nel caregiver. Per cui i comportamenti di attaccamento, come il pianto, la rabbia, l’agitazione psicomotoria sono accentuati, ripetuti, prolungati e più difficili da contenere anche una volta che la meta viene raggiunta.


  • Il bambino inibisce l’espressione dei suoi bisogni di vicinanza e cura, i comportamenti di attaccamento si fanno più sottili, impercettibili, fino a diventare totalmente assenti. In realtà, l’attivazione fisiologica legata allo stress della lontananza rimane ed è esattamente identica a quella dei bambini che mostrano i comportanti di attaccamento (livelli di cortisolo elevanti, battito cardiaco accelerato, aumento temperatura corporea e sudorazione).

Quando il mancato raggiungimento della meta di attaccamento diventa ripetuto e costante nel tempo, allora queste due strategie di regolazione emotiva possono stabilizzarsi e diventare l’unico modo per far fronte ai propri bisogni di attaccamento.

Il sistema motivazionale dell’attaccamento, quindi, modifica il suo funzionamento innato per adattarsi alle condizioni ambientali e continuare a garantire la sopravvivenza.

Tutto ciò ci mostra come, nonostante un’organizzazione di base innata, il funzionamento della nostra mente e dei suoi sistemi sia fortemente relazionale, ovvero fortemente influenzato e plasmato dalle relazioni significative a cui noi prendiamo parte nel corso della nostra vita, e soprattutto nell’infanzia.

Riconoscere questo aspetto permette a noi adulti di dare la giusta importanza alla relazione con i bambini, al cogliere i loro bisogni e al rispondervi efficacemente, in modo da riuscire a favorire e sostenere il loro sviluppo emotivo e relazionale.

E' sempre sorprendente la potenza delle relazioni che viviamo e la grande capacità adattative della mente.

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